F u r i o   F r i l l i c i
O f f i c i a l   W e b s i t e
scrittore - saggista - critico d'arte

R O M A N Z I


Dal romanzo “Sfumature” (edizioni Albatros 2020): incipit

Giulio Corte, a differenza di tanti suoi colleghi, andava volentieri in commissione d’esame di maturità. Ciò gli consentiva di vedere ogni anno un posto nuovo, senza dover spendere un euro; soprattutto non doveva neppure stare a pensare dove andare e come organizzare il viaggio. Tutto accadeva altrove, deciso dalla burocrazia del Provveditorato che spediva la sua comunicazione un paio di settimane prima dell’inizio degli esami con il nome della scuola, il numero della commissione d’esame, la data e l’orario in cui presentarsi. In tutti questi anni mai gli era capitato di ritornare in un posto dove era già stato, da quando i nomi dei partecipanti alle commissioni d’esame erano scelti, casualmente, attraverso il computer.

Per essere sicuri di venire convocati era comunque sufficiente scrivere, nella parte del modulo riguardante le preferenze delle sedi, piccole città di provincia, località dell’interno, o meglio ancora sperdute località insulari. I suoi colleghi, al contrario, ogni anno compilavano le loro domande inserendo ai primi posti città come Venezia, Firenze, Bologna, oppure gli amanti del mare, tutte le migliori località balneari da Taormina a Sorrento fino a Rimini; se poi, malauguratamente, venivano ugualmente convocati, scattava subito l’affannosa ricerca del medico che fornisse un certificato che attestasse emicranie insopportabili, stati ansiosi, stati febbrili di natura oscura.

Il giorno precedente alla riunione di insediamento della commissione Giulio era solito partire con la sua auto, giungere con calma sul posto e cercarsi una stanza in periferia, se non addirittura fuori del paese. La prima volta che era partito per gli esami gli era capitato di arrivare in treno con un paio di valigie. La sensazione di sentirsi sperduto in un posto ignoto e il disagio di dover peregrinare di hotel in hotel , con tanto di bagaglio, fino a trovare quello di suo gradimento, furono così angoscianti che da allora aveva deciso che, in qualunque parte dell’Italia lo avessero inviato, avrebbe portato sempre l’auto. La sua vecchia Uno grigio topo faceva ancora il suo dovere; gli serviva per muoversi, essere indipendente, ma anche da deposito bagagli perché lasciava sempre una valigia con la biancheria sporca, il libretto degli assegni e la videocamera nascosti in fondo al portabagagli.